EDITH STEIN
EDITH STEIN

Quarta Dimora:  il Cielo dentro di noi

 Come è stato più volte sottolineato, nelle prime tre Dimore la parte svolta dalla persona nel cammino spirituale è molto importante: è lei infatti che sceglie il ritmo a cui camminare, corrispondendo alla Grazia con la libera adesione della sua volontà. Naturalmente la Grazia sostiene i suoi passi, ma la parte attiva della persona è condizione indispensabile. Dalla quinta dimora in poi a condurre è Dio, alla persona spetta solo accogliere e custodire i doni che Egli le elargisce. 

La quarta Dimora è il punto di passaggio tra queste due fasi del cammino spirituale. Essa è caratterizzata dalla cosiddetta “preghiera di raccoglimento”; tale raccoglimento è passivo, mistico, perché è Dio a produrlo nell’anima. Le disposizioni esteriori, il luogo, i tempi, il possibile utilizzo di tecniche di concentrazione, ecc sono accorgimenti e strumenti utili (talvolta necessari), ma essi sono solo una premessa all’orazione di quiete: essa infatti non consiste nel centrarsi nella propria solitudine interiore, in un elevato grado di concentrazione mentale, bensì nel trovarsi inabissati nella propria interiorità, sperimentandola abitata da Dio. Sta esattamente qui il cuore della quarta Dimora: “No nos imaginemos huecas en lo interior”, “Non immaginiamoci vuote dentro”, dice S. Teresa. Ogni persona è oggettivamente inabitata da Dio, fin dal primo istante della sua creazione. La Parola è lo strumento che supporta questa inabilitazione, che è per sempre. Essa non è solo “spirituale”, ma coinvolge la persona tutta intera, compresa la sua corporeità: i sacramenti sono esattamente il canale che permette a Dio di inabitarci “fisicamente”: basti pensare all’Eucaristia. Dio si “rimpicciolisce” a nostra misura (concetto già noto alla tradizione ebraica: la teoria dello Tzimtzum) per dilatarci alla Sua (l’icona della Platitera: più ampia dei cieli, perché contiene Colui che i cieli non possono contenere).

Dio viene percepito “dentro di noi”, ma “diverso da noi”. Tale diversità non intimorisce e non annienta la persona, perché si è supportati dalla Grazia. Al contrario, scaturisce il desiderio di coltivare con Lui un dialogo sempre più intimo, profondo e continuo, che col tempo si fa 24 ore su 24. Esso è situato a una profondità tale che non impedisce lo svolgimento di tutte le attività cui la persona attende durante la giornata, relazioni con gli altri incluse. Tale dialogo è certamente con l’intera Trinità, ma generalmente mediato dalla persona di Gesù: per questo è importante custodire, per Teresa, la memoria della Sua umanità, così come ci è dato di conoscerla nel Vangelo. Si comprende ora perché la preghiera è un rapporto di amicizia tra due persone vive!

La quarta Dimora è di passaggio perché, se è vero che percepire la presenza di Dio nel centro del proprio essere è dono della Grazia, alla persona spetta una parte attiva molto importante: custodire i sensi esterni ed interni, riconducendoli alla propria interiorità, perché siano pienamente coinvolti nel dialogo costante con Lui.

La preghiera vocale e quella meditativa non vengono abbandonate, almeno per due ragioni:

  1. non sempre ci è dato di percepire Dio 24/24 ore, sebbene siamo nella quarta Dimora, o a motivo della nostra fragilità umana o perché siamo in un tempo di desolazione
  2. il rischio di passare al monologo interiore o di crearci un Gesù soggettivo è sempre presente, dunque è bene non staccarsi dalla lectio divina e dalla lettura meditata della Parola.

D’altro canto si comprende come, proprio a partire da questa Dimora, la preghiera si semplifichi sempre di più, fino a ridursi a un silenzioso sguardo amoroso.

Frutto di questa preghiera sono la gioia e la pace, che non derivano dall’assenza di problemi terreni o da una rimozione di essi, ma dalla presenza di Dio al centro di se stessi; si fa esperienza di un abbraccio accogliente e amoroso, ci si percepisce figli amati e custoditi… In virtù di questo amore sperimentato, si vive il quotidiano nella consapevolezza di non essere mai soli.

 

Una piccola nota a margine: 

Dio chiama tutte le persone alle più alte esperienze mistiche; esse non coincidono però con i doni straordinari che possono essere elargiti alla persona. Questi ultimi non vanno né cercati né desiderati; men che meno è possibile procurarseli. Dio li elargisce principalmente per il bene della persona, che diventa poi utilità comune. Nulla è tolto a chi non fa esperienze fuori dall’ordinario, perché tutto  ci è stato rivelato! (la Rivelazione si è chiusa con la morte dell’ultimo degli Apostoli, S. Giovanni evangelista: le rivelazioni private e i doni mistici dunque non aggiungono nulla a quanto detto nella Sacra Scrittura. E’ così vero che è il Vangelo il criterio valutativo della veridicità delle rivelazioni private! Esse perciò, in ultima analisi, non sono che la sottolineatura di un particolare messaggio già contenuto nel Vangelo). L’attenzione, nel cammino spirituale, va perciò posta non ai doni straordinari, ma a quelli che Dio vuole elargirci, perché utili al nostro personale cammino con Lui. 

 

 

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Fin qui l’anima non ha avvertito nulla della presenza di Dio nel suo intimo. E’ soltanto quando avviene questo che si può parlare di vita di grazia straordinaria e mistica. Essa inizia nella quarta stanza”. (Edith)

 
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