EDITH STEIN
EDITH STEIN

Storia e dintorni

La storia è sempre stata una delle grandi passioni di Edith. Lo racconta anche nella sua autobiografia, a proposito dei corsi seguiti all’università di Breslavia:

 

L’esposizione [dei docenti], condotta con larghezze di vedute, delle connessioni della storia universale risvegliò in me un tale amore per la storia che durante i primi semestri ero ancora indecisa se farne o meno il mio principale ambito di studio. Questo amore per la storia non significava per me una pura e semplice immersione romantica nel passato; ad esso era strettamente collegata un’appassionata partecipazione agli avvenimenti politici presenti come divenire storico ed entrambe le cose scaturivano da un senso di responsabilità sociale insolitamente forte, da un sentimento di solidarietà con tutta l’umanità, ma anche con la comunità più prossima”.

 

Molto bella, per inciso, la sottolineatura che non vi è alcunché di “romantico”, ma un forte senso di responsabilità per l’oggi. Lo si è visto proprio nella sua immediata percezione circa la pericolosità di Hitler e dell’ideologia nazionalsocialista, quando ancora i più non ne avevano il benché minimo sentore.

Edith è di stirpe ebraica e per questo muore, per mano delle SS, ad Aushwitz-Birkenau.

Vieni, andiamo per il nostro popolo”, dice alla sorella Rosa quando la Gestapo le preleva dal Carmelo di Echt, in Olanda.

Quale popolo? Quello ebraico… o quello tedesco, immensamente amato, di cui si sentivano membra vive?

Nessuno potrà mai dire, ma di certo sappiamo che Edith, come tutta la sua famiglia, si sentiva assolutamente prussiana. 

Nell’autobiografia racconta, a proposito della famiglia materna, i Courant:

 

La fine della sua vita [di uno zio] è strettamente collegata con la perdita della patria, l’Alta Slesia. Lublinitz non era lontana dal confine polacco. Durante tutta la guerra la città venne attraversata da convogli militari e le mie zie si occuparono con impegno del vettovagliamento dei soldati. Trascorsero anche alcune notti alla stazione. Mio zio era l’uomo di fiducia delle autorità tedesche nella distribuzione di generi alimentari. L’intera famiglia si attirò l’odio dei polacchi per la sua decisa presa di posizione a favore della causa tedesca. Nel periodo delle votazioni furono mobilitate tutte le forze per raggiungere un risultato favorevole (in senso tedesco). Più di 50 discendenti della famiglia Courant, che erano nati a Lublinitz, vennero per le elezioni […] Dopo tali sforzi il risultato fu tanto più amaro: Lublinitz divenne polacca (nella città prevalsero i voti tedeschi, ma poiché vennero sommati i voti del distretto cittadino e regionale poté essere raggiunta una maggioranza polacca). I miei parenti non poterono e non vollero neppure pensare di rimanere là, vendettero perciò la casa madre della nostra famiglia e lasciarono il paese natale”.

 

Lo stesso dicasi per la scelta di Edith di sospendere gli studi, allo scoppio della I Guerra Mondiale, per prestare servizio alla Croce Rossa. Sempre nella sua autobiografia si legge:

 

Subito dopo l’esame indirizzai una domanda alla Croce Rossa di Breslavia per sapere se potevo entrare nel servizio sanitario […] Se la gente era costretta a soffrire giù nelle trincee, perché io dovevo stare meglio di loro? […] Gli spiegai [al dr Scharf] che i miei compagni di studio erano andati tutti al fronte e non vedevo perché le cose dovessero andar meglio a me che a loro”.

 

Dunque Edith è e si vive assolutamente tedesca. Lo studio della storia e la partecipazione alla vita politica del suo tempo stimolano in lei profonde riflessioni che la portano a maturare posizioni personali. Sempre nella sua autobiografia scrive:

 

Tanto mi ripugnava un nazionalismo di tipo darwinismo, quanto fermamente ero convinta dell’idea e della necessità naturale e storica di Stati singoli e di popoli e nazioni di indole diversa. perciò, concezioni socialiste e altre aspirazioni internazionali non fecero mai presa su di me. Sempre più mi liberavo anche delle idee liberali nelle quali ero cresciuta, per arrivare a una positiva concezione dello Stato, vicina a quella conservatrice, pur rimanendo sempre estranea all’impronta particolare del conservatorismo prussiano”.

 

Non si può dunque comprendere Edith fuori dalla sua “germanicità”. 

Obiettivo di questa sezione è dunque quella di presentare, senza pretesa alcuna naturalmente di essere esaustivi, la storia della Germania, di cui Edith è splendente figlia.

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